Non è concorrenza sleale. Lo dice “Altroconsumo”, che interviene a fianco di Uber Pop nel reclamo contro l’ordinanza del Tribunale che il 26 maggio scorso lo ha bloccato. Il servizio di trasporto privato che ha fatto infuriare i tassisti di tutto il mondo è attualmente attivo a Genova, Milano, Padova, Torino. E lo sarà fino al 10 giugno, quando dovrà essere disattivato per decisione del Tribunale di Milano.

637-hmL’organizzazione di consumatori, che conta oltre 370mila soci, ha depositato l’atto di appoggio al reclamo di Uber davanti al giudice a Milano, anche a seguito di numerose segnalazioni degli utenti di Uber Pop che hanno protestato contro la sentenza.
Per Altroconsumo i nuovi servizi devono poter trovare nuove strade, non muri. Uber Pop è un sistema che permette a chiunque di registrarsi come autista con una applicazione sul cellulare e usare il proprio veicolo privato per trasportare clienti. Chi voglia arrotondare e dare un passaggio a pagamento dovrebbe essere in grado di farlo senza per questo essere multato per “esercizio abusivo della professione”.

Dello stesso avviso il parere dell’Authority dei Trasporti, che propone un’interpretazione più aperta della norma e nel recente atto di segnalazione sull’autotrasporto di persone non di linea evidenzia come le “nuove forme di mobilità che si svolgono grazie ad applicazioni web che utilizzano piattaforme tecnologiche per l’interconnessione dei passeggeri e dei conducenti” siano complementari e non confondibili con i taxi tradizionali e propone l’aggiornamento delle normative per favorire le nuova forme di mobilità. Un riconoscimento ufficiale che rappresenta una vittoria per la app americana e per i sostenitori del libero mercato di car sharing.

Il servizio Uber Pop non può essere considerato tout-court un normale servizio di taxi secondo la sua definizione nella regolamentazione attuale, spiega Altroconsumo. L’offerta è diversa e legittima, non si sovrappone direttamente a quella esistente, offre prezzi competitivi e intercetta clienti nuovi perché chi sale su un’auto guidata da un autista di Uber potrebbe non voler salire su un taxi. Inoltre l’utilizzo delle nuove tecnologie rende il servizio utile a chi voglia prenotare la corsa con un semplice clic sullo smartphone, un po’ come già succede con il car sharing “Bla bla car”. Impedirne l’esercizio è contrario agli interessi dei consumatori e allo sviluppo efficiente e innovativo del mercato.

L’ordinanza, invece, firmata dal giudice della sezione imprese che ha accolto il ricorso presentato dalle organizzazioni sindacali e di categoria, locali e nazionali, di tassisti e radiotaxi, è contraria agli interessi dei consumatori: interpreta in maniera stringente, conservativa e protezionistica la norma attualmente in vigore, obsoleta in relazione al servizio di trasporto privato offerto da Uber Pop. Secondo il giudice, il servizio non dà vantaggi alla collettività e svolge di fatto l’attività di taxi senza però che gli autisti siano in possesso della licenza. Nell’ordinanza si legge, infatti, che l’attività svolta da Uber attraverso Uber Pop “interferisce con il servizio taxi organizzato dalle società, svolto dai titolari di licenze”.

Altroconsumo da un lato sollecita il Governo a emanare uno “sharing economy act” che dia risposte alla nuova domanda dell’utenza in settori coinvolti da cambiamento delle regole, dall’altro sollecita gli operatori come Uber a dotarsi di codici di autodisciplina con i quali applicare standard di sicurezza, efficienza e una tutela adeguata dei consumatori.

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Ultima modifica: 9 Giugno 2015