Oggi, non pochi politici e moltissimi giornalisti, dovrebbero chiedere scusa ai tassisti italiani accusati finanche di “bloccare il futuro” del Paese, e dovrebbero scusarsi con tutte quelle persone a cui hanno venduto, rendendole reali e potenziali prede di violenze, l’improbabile sogno di taxi a prezzi stracciati, ed allo stesso tempo sicuri e rispettosi dei diritti sul lavoro.

In pochi avevano il coraggio di parlar male della multinazionale Uber fino a che ieri mattina la Città di Londra ha vietato alla stessa l’autorizzazione ad operare, perché “inadatta a detenere una licenza pubblica” per problemi sulla “sicurezza” dei passeggeri, e perché non rispettosa degli standard sulla “responsabilità sociale d’impresa”.
In troppi in Italia, su questo tema, sino ad oggi, non hanno fatto informazione e alta politica, ma marketing per una multinazionale o per la propria immagine.

Ironia della sorte, oggi, la patria del liberismo ha finito col sostenere le tesi di chi come noi non crede alla mano invisibile del mercato per regolare meglio i rapporti economico-sociali, ma crede nell’intelligenza umana guidata da quei principi universali di verità, giustizia, libertà che, solo quando in armonia tra di essi, possono portare al perseguimento del Bene comune.
Peccato che a tutto ciò si sia arrivati dopo 79 casi di violenze sessuali su indifese donne, in soli due anni, nella capitale inglese per mano di driver Uber.

Oggi, dopo molto tempo – e solo questo ci dirà se trattasi di un fugace arcobaleno – quel mondo del lavoro che è naturalmente incline ad esprimere quei principi, segna un punto contro l’arroganza e la spregiudicatezza della rapace finanza e dei loro lacchè a cui finora si era concesso di predare mercati che sono e devono essere regolamentati.

Claudio Giudici
Presidente Nazionale Uritaxi

 

Ultima modifica: 25 Settembre 2017