Il servizio di messa in contatto con conducenti non professionisti fornito da Uber rientra nell’ambito dei servizi nel settore dei trasporti e gli Stati membri possono di conseguenza disciplinare le condizioni di prestazione di tale servizio. Lo ha deciso oggi la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiamata a pronunciarsi in merito.

Il tema era stato sollevato nel 2014 da un’associazione professionale di conducenti di taxi di Barcellona, che avevano chiesto alla corte locale di sospendere il servizio nella fattispecie il servizio Uber Pop, in quanto privo della necessaria licenza richiesta dalla città di Barcellona. Il tribunale si è quindi rivolto alla Corte di Giustizia europea, che ha accolto il parere dell’avvocato generale della Corte di Giustizia.

“La corte – si legge in un comunicato – dichiara che un servizio d’intermediazione, come quello di cui al procedimento principale, avente ad oggetto la messa in contatto, mediante un’applicazione per smartphone e dietro retribuzione, di conducenti non professionisti utilizzatori del proprio veicolo con persone che desiderano effettuare uno spostamento nell’area urbana, deve essere considerato indissolubilmente legato a un servizio di trasporto e rientrante, pertanto, nella qualificazione di ‘servizio nel settore dei trasporti’, ai sensi del diritto dell’unione. Un servizio siffatto deve, di conseguenza, essere escluso dall’ambito di applicazione della libera prestazione dei servizi in generale nonché della direttiva relativa ai servizi nel mercato interno e della direttiva sul commercio elettronico”.

“Gli stati membri – aggiunge la Corte di giustizia europea – possono di conseguenza disciplinare le condizioni di prestazione di tale servizio”.

Dalla società fanno presente che “questa sentenza non comporterà cambiamenti nella maggior parte dei paesi dell’Ue dove già siamo presenti e in cui operiamo in base alla legge sui trasporti”. Infatti, la versione “pop” di Uber – che ruotava intorno agli autisti non professionisti – è andata via via morendo e residua soltanto il quattro Paesi, dove per altro stanno per intervenire cambiamenti normativi (in Polonia) che la trasformeranno di fatto in una applicazione regolamentata. Quanto all’Italia, da Uber ricordano che la legge di regolamentazione dei tasporti è del 1992 ed è per questo evidente che vada rivista. Nota un portavoce: “Milioni di cittadini europei ancora non possono utilizzare app come la nostra. È arrivato il momento di regolamentare servizi come Uber, come anche il nostro ceo afferma, ed è per questo che continueremo il dialogo con le città di tutta Europa, con l’obiettivo di garantire a tutti un servizio affidabile a portata di clic”.

 

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Ultima modifica: 20 Dicembre 2017