Il bastone e la carota. Dopo un lungo silenzio, sta per riemergere il decreto interministeriale scritto dal governo per regolare i (difficili) rapporti tra taxi ed Ncc, le auto nere noleggiate con conducente. C’è, come previsto, il bastone: l’obbligo per gli Ncc di tornare nel garage di provenienza una volta portato a destinazione il cliente, senza poter rimanere in giro per caricare altri viaggiatori. Ma c’è anche la carota: i Comuni che non hanno il servizio taxi, cioè quelli piccoli, avranno la facoltà di creare piazzole di sosta per gli Ncc, dove le auto nere potranno aspettare tra una chiamata e l’altra. Di fatto saranno delle piazzole segnalate, con strisce e cartelli, del tutto simili ai parcheggi per i taxi.

A prima vista non ci sono problemi. La misura ha l’obiettivo di introdurre un servizio di trasporto dove oggi i taxi non ci sono, tanto meno il car sharing o Uber. Ma nella categoria dei tassisti affiora qualche mugugno. C’è il timore che, se piazzati nei dintorni delle grandi città, i nuovi parcheggi per gli Ncc possano essere utilizzati come «rampa di lancio» per intercettare i clienti che si spostano nei grossi centri. Una specie di «appostamento al confine». La misura è prevista dall’articolo 2 della bozza del decreto, agli ultimi ritocchi da parte dei ministeri delle Infrastrutture e dello Sviluppo economico. Il via libera dovrebbe arrivare entro pochi giorni.

Dalla bozza è saltato l’articolo 5, quello che creava il registro delle app per il trasporto pubblico. La questione sarà regolata più avanti quando, una volta approvato in via definitiva il disegno di legge sulla concorrenza, il governo avrà la delega per mettere ordine nell’interno settore. Anche per questo i tassisti fanno pressing. Ieri Loreno Bittarelli, presidente dell’Unione Radiotaxi Italiani, ha attaccato il ministero dello Sviluppo economico ricordando che tra i consulenti della struttura, per il 2016 e il 2017, c’è anche Benedetta Arese Lucini, ex responsabile per l’Italia di Uber, la app che mette in contatto diretto clienti e autisti. Il sindacato parla di «delusione nei confronti di un governo verso il quale ci eravamo posti in materia costruttiva». L’accusa, in sostanza, è di lavorare ancora per conto di Uber. Così come altri sindacati hanno accusato l’Antitrust di stare dalla parte della app, visti i documenti a sostegno della liberalizzazione che l’Autorità della concorrenza ha mandato sia al Parlamento italiano sia al tribunale civile di Roma.

La risposta arriva direttamente dal ministro Carlo Calenda: Arese Lucini «è brava e segue altri dossier. E per essere chiari non accetto diktat da rappresentanze di interessi su chi può o non può lavorare qui». L’ex manager di Uber, che due anni fa fu oggetto di pesanti minacce, è consulente del ministero per il settore dell’intelligenza artificiale. E coordinerà un gruppo di lavoro per il G7 dell’industria digitale, che a settembre si terrà a Torino.

 

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Ultima modifica: 9 Maggio 2017