Durante l’incontro di ieri col M.I.T., chi rappresentava quest’ultimo, il Viceministro Nencini, si è
preso la responsabilità di riconoscere che il Ministero è inadempiente rispetto alla ristretta tabella
di marcia temporale che si era impegnato a rispettare per la produzione dello “schema di decreto
interministeriale” per combattere l’abusivismo, nonché dello “schema di decreto legislativo
delegato di riordino della legge quadro 21/92”.

La giustificazione addotta dal Viceministro Nencini
per tale inadempienza, riguarda lo slittamento dell’approvazione del DDL Concorrenza e dunque
della legge delega che riguarda il comparto del trasporto pubblico locale non di linea.

Apprezziamo l’onestà intellettuale, ma è evidente che non possa bastarci per tutelare
efficacemente gli operatori del settore.
Infatti, dopo circa un anno e mezzo dalla sospensione della dichiarazione di sciopero che era
stato indetto per il 18 marzo 2016, in seguito alla sottoscrizione da parte di tutte le
rappresentanze sindacali nazionali dell’impegno a costituire col Governo un tavolo per il riordino
della normativa del t.p.l. non di linea, abbiamo assistito ad un progressivo radicalizzarsi di una
vera e propria deregolamentazione de facto del comparto.

Tale deregolamentazione, oltre che ad essere strumentale al radicarsi di giganteschi interessi speculativi anche in questo settore, rappresenta in parallelo un attentato al paradigma del “taxi servizio pubblico”, così come vigente
nella stragrandissima maggioranza delle moderne economie occidentali a tutela dei diritti
dell’utenza. Conseguentemente a precise colpe istituzionali, distribuite su più livelli, partendo dal
lassismo delle amministrazioni locali a lasciare impunita la violazione della normativa di settore da
parte di molti operatori del noleggio con conducente, passando per la disinvoltura delle stesse
nell’autorizzare all’esercizio nuovi vettori pur in assenza di una reale domanda di servizio della
propria comunità territoriale, passando per circolari dello stesso M.I.T. volte a non considerare
come efficaci norme prodotte dal Parlamento, agli inviti dell’Antitrust a non applicare parte della
normativa di settore, o a quelli dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti volti a stravolgere
completamente la stessa, passando ancora per il recepimento, con evidente complicità
governativa, dell’emendamento Lanzillotta che procrastina in modo più radicale rispetto alle
sospensive susseguitesi dal 2010 il dilagare dell’abusivismo – anche se di fatto, alla luce del
quadro reale, non ha cambiato niente -, fino al recente pronunciamento del Tribunale di Roma sul
caso “UberBlack” volto a ritenere finanche non più vigente le stesse parti della l. 21/92 novellate
dall’art. 29, co. 1-quater, e con ciò rappresentando un unicum rispetto a tutta la univoca
giurisprudenza consolidatasi in materia, stiamo assistendo alla dilagare senza precedenti
dell’abusivismo: un numero sempre più cospicuo di n.c.c., piattaforme tecnologiche, nuovi vettori
– si pensi ai risciò – a cui viene consentito finanche di operare senza copertura assicurativa,
rappresentando un rischio senza effettivo diritto di risarcimento per la stessa incolumità fisica dei
cittadini.
Tutto ciò porta a dover prendere atto sia del venire meno del principio di legalità nel settore – fatta
eccezione per il settore taxi -, nonché che siamo di fronte ad un mal celato attentato all’idea di
taxi come servizio pubblico. E’ evidente infatti che così continuando le cose, gli operatori del
settore taxi, limitati nella propria operatività dagli obblighi anti-economici su di essi gravanti a
tutela dell’utente – primo tra tutti quello della tariffa amministrata -, saranno tra non molto spazzati
via da quei vettori che invece siano lasciati, liberi da tali obblighi, di poter impunemente violare le
leggi. E se l’idea del Governo – ma la scopriremo alla vista della bozza di decreto legislativo – è
quella per cui al settore taxi vengano lasciati gli oneri tipici del servizio pubblico, mentre per gli
altri vettori valga il “bomba libera tutti”, saremmo di fronte ad un abbaglio grosso quanto una
casa, frutto sia di lacune giuridiche che economiche, accettabile solo laddove il taxi come servizio
pubblico fosse rimesso nella sua parte di costo alla contribuzione generale – cosa che neanche
sotto la Russia stalinista fu ritenuta plausibile – e non alla capacità imprenditoriale di circa 40.000
piccoli imprenditori artigiani. Solo nel primo caso, per le diseconomie da cui è gravato, il settore
potrebbe infatti reggere la concorrenza (sleale) da parte di chi non ne fosse gravato; nel secondo, invece, si starebbe semplicemente consegnando a morte certa i piccoli imprenditori e la
cooperazione che oggi lo gestiscono sotto il controllo amministrativo, per consegnarlo brevi manu
ai mega interessi speculativi stranieri (o meno) che lo hanno preso di mira.
Alla luce di tutto questo, ripartiamo dall’invito del Viceministro Nencini a riprendere già da martedì
prossimo i lavori: “…da una parte il decreto contro l’abusivismo, dall’altra il provvedimento per la
riforma del settore”. E’ evidente però che il tempo giochi contro di noi e che sarebbe
fondamentale che intanto, fin da subito, il Governo invitasse le amministrazioni locali a rispettare
la normativa di settore controllando che i vettori n.c.c. che queste autorizzano, operino
stabilmente per la rispettiva comunità territoriale, alla luce delle leggi e della giurisprudenza
assolutamente maggioritaria consolidatasi in materia.

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Loreno Bittarelli – Presidente Nazionale Unione Radiotaxi d’Italia (URI)
Claudio Giudici – Presidente Nazionale Unione di Rappresentanza Italiana dei Tassisti (URITAXI)

 

 

Ultima modifica: 12 Luglio 2017