Il presidente provinciale romano del sindacato, Carlo di Alessandro: «La società di San Francisco aggira le regole. Comunque ci sono molti taxi con pos e iPad a bordo…». Ma aggiunge: «Se UberTaxi sarà conveniente, i tassisti andranno lì». Un segnale di trattativa?

Uber non rispetta le regole e i suoi conducenti esercitano abusivamente la professione. Però a mio parere UberPop è solo una provocazione lanciata dalla società di San Francisco con il vero scopo di sdoganare Uber Black, l’applicazione dalla quale trae i suoi ricavi. Quanto a Ubertaxi, l’accordo proposto di recente da Uber ai tassisti italiani, non è un problema: se sarà più conveniente noi tassisti andremo lì. Ma le nostre cooperative assicurano più garanzie, socialità e mutualità”. È un fiume in piena Carlo di Alessandro, presidente provinciale romano di Federtaxi, federazione che aderisce al sindacato autonomo Cisal e che rappresenta diverse migliaia di tassisti su tutto il territorio nazionale. Lo intervistiamo a poche ore dall’annuncio della partenza di “un tavolo tecnico” sul tema del servizio di auto a noleggio tramite app deciso in un incontro al ministero dei Trasporti con il ministro Maurizio Lupi, al quale erano presenti anche il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, e il governatore lombardo Roberto Maroni. Da parte sua l’esponente sindacale mantiene le proprie posizioni: “Uber è illegale nel momento in cui si rivolge ad operatori non abilitati”. Però precisa: “Se si dovesse rivolgere ai tassisti sarebbe perfettamente legale, in  titolari di regolare licenza taxi”.

Non pensate che una battaglia contro l’innovazione tecnologica sia persa in partenza?
Non siamo contrari a Uber come applicazione ma in quanto non conforme alle leggi vigenti. Ce ne sono tante di applicazioni analoghe. Io faccio parte di Samarcanda, cooperativa romana di radiotaxi, che ha una sua applicazione, così come altre cooperative. La differenza è che l’utilizzo delle nostre app avviene nel rispetto delle regole, in quanto si rivolge a chi è titolato a svolgere il servizio.

E chi è titolato?
Per prima cosa serve l’abilitazione professionale, che si consegue attraverso uno specifico esame presso la motorizzazione civile o le scuole guida: occorre rispondere a quesiti su norme assicurative, di sicurezza, primo soccorso, norme tecniche. Bisogna poi sottoporsi a un ulteriore esame presso la Provincia competente riguardante la specificità del taxi, ovvero la toponomastica, norme specifiche per il comportamento all’interno dell’autovettura (obbligo della prestazione, uso del tassametro, ecc. ecc.). Il superamento di questo esame permette l’iscrizione alla Camera di Commercio. Quindi si può rilevare l’autorizzazione da un altro tassista o aspettare un bando di concorso per il rilascio delle licenze. Nel 2006 la giunta Veltroni rilasciò 2500 licenze gratuite dietro partecipazione a una gara. Rilevare una licenza costa in media, secondo stime dell’Agenzia delle entrate, 120mila euro. Capisce a quale iter ci sottoponiamo noi tassisti? Uber vuol forzare il mercato rivolgendosi a chi non è abilitato a esercitare questa professione. Lo dice la legge italiana.

A quale legge si riferisce?
All’articolo 86 del Nuovo Codice della Strada del 1992 che stabilisce sanzioni per chi adibisce un veicolo a servizio di piazza con conducente o a taxi senza avere ottenuto la licenza prevista dall’articolo 8 della legge 21 del 15 gennaio 1992. Questa, che è la”Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea”, prevede appunto la necessità di un’autorizzazione per svolgere servizio taxi e noleggio con conducente. Poi al suo interno detta le norme con cui deve essere svolta questa attività di Ncc: il conducente, al momento di iniziare la prestazione, deve partire dalla propria autorimessa e farvi ritorno al termine della stessa. Inoltre  la rimessa e la sede del vettore devono trovarsi nel Comune che rilascia le licenze. È vero: la legge prevede decreti attuativi che ancora non sono stati emanati, ma riguardano solo i fogli di viaggio, cioè le modalità in base alle quali deve essere compilata la documentazione in dotazione al conducente. Voglio poi ricordare che che il Tar di Roma ha rinviato alla Corte di giustizia europea una delibera del Comune di Roma, chiedendo se vi fossero incompatibilità tra la Legge quadro e il resto della normativa europea, ma la Corte non ha rilevato questioni di incompatibilità in relazione alla libera circolazione dei servizi. Inoltre in alcune città sono già avvenuti sequestri di vetture private che usano UberPop.

Eppure diversi giuristi dicono di non rilevare profili di illegalità nell’uso dell’app.
Se è per questo il fondatore di UberTravis Kalanick, ha dichiarato sui giornali: “Se aspetti di avere tutte le autorizzazioni per fare qualcosa non la farai mai”. Per questo dico che vogliono forzare le regole. Io invece, quando sono diventato tassista – e l’ho fatto per necessità, perché nel 1992 avevo perso il lavoro – mi sono dovuto adeguare alle regole.

Sul fronte legislativo sarà battaglia a colpi di commi. E su quello del servizio? Cosa offrite in più di una berlina Uber?
Faccio parte della cooperativa Samarcanda che riunisce 350 soci. La cooperativa dà una struttura, un nome, un’identità. Ci dà le indicazioni sugli standard qualitativi ai quali attenerci. Per esempio abbiamo uno statuto che prevede il cambio dell’auto in un arco di tempo che va dai 4 agli 8 anni, a seconda del modello. Da 20 anni abbiamo il Pos a bordo, i nostri clienti possono pagare con carta di credito.  Peraltro c’è anche un regolamento comunale che lo prevede.

Avete l’obbligo di navigatori Gps a bordo?
Il nostro statuto prevede lo stradario. Le posso però dire che, per offrire un servizio migliore, abbiamo deciso di acquistare un Ipad per ciascun tassista da mettere a disposizione del cliente, dotato di un’app Samarcanda. Volendo il cliente può consultare una rassegna stampa o guardare un film mentre è in viaggio. E abbiamo il wi-fi gratuito.

La realtà di molti taxi romani sembra lontana da questa descrizione.
Evidentemente non ha viaggiato con i nostri, la invito a provare. Inoltre voglio sottolineare che abbiamo una mutualità interna. Abbiamo creato un fondo che permette di avere una diaria giornaliera in caso di malattia.

Quanto versate alla cooperativa per questi servizi?
Trecentocinquanta euro mensili. Tenga conto che ci deve rientrare il costo del call center, che ha tra i 25 e i 30 dipendenti, l’affitto della sede, la mutualità, appunto, e varie altre cose.

Ora Uber propone Ubertaxi, accordo diretto tra società e tassisti. Cosa ne pensa? In fondo risparmiereste i 350 euro per la cooperativa.
Ubertaxi non è un problema. Se si dimostrerà più conveniente di Samarcanda, i tassisti andranno lì.

Ma scusi, finora ha parlato dell’importanza delle regole e adesso si dice disponibile a passare alla concorrenza “senza regole”?
Ma noi siamo più bravi, abbiamo maggiore professionalità, svolgiamo un compito sociale, diamo posti di lavoro. Quelli di Uber hanno solo una tecnologia ma non producono nulla, non creano posti. Noi abbiamo personale qualificato, abbiamo obblighi sociali: se a mezzanotte una signora da Termini mi chiede di essere portata in una periferia sperduta di Roma non posso dirgli di no e lo devo fare secondo il tariffario vigente. Uber vuole prendersi la parte più vantaggiosa del mercato e lasciare a noi quella meno appetibile. Certo, se lavorativamente parlando trovassi più conveniente stare con Ubertaxi, perché no? Ma so già da adesso che lo spirito di socialità e mutualità che mi garantisce Samarcanda non me la farà mai abbandonare.

Ripeto: non c’è contraddizione tra attaccare Uber e poi accordarsi con lei?
Sa cosa penso veramente? Che magari i tassisti si confronteranno con Ubertaxi, magari qualcuno ci andrà, ma la società americana troverà un terreno che è già ben coperto da altri e dopo qualche giorno dovrà battere in ritirata perché non competitiva. E poi quale tassista accetterebbe di dare a Uber il 20% della corsa, come richiesto finora?

E di UberPop, l’app per passaggi tra privati, cosa dice?
È del tutto illegale ma personalmente ritengo sia una provocazione, una sorta di polpetta avvelenata buttata lì per sdoganare Uber, che è il vero business.

 

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Ultima modifica: 19 Giugno 2014