Circa gli emendamenti giacenti in Senato, a firma Bonfrisco – che è sempre stata considerata un’amica del settore, ma a questo giro, o è mal consigliata dai referenti che con lei interloquiscono o ne è divenuta “nemica” – ed altri, la maggioranza di Governo, se ha davvero a cuore il servizio pubblico e gli utenti, e la tutela di una cultura lavoristica moderna e civile, dovrebbe valutare attentamente le seguenti considerazioni attinenti i principi ed alcuni aspetti tecnici di settore, riconducibili sotto due grandi alvei:

  • il rischio di aprire alle multinazionali all’interno di un’ottica di depatrimonializzazione della piccola impresa produttrice;
  • una cultura lavoristica neo-liberista, orientata allo sfruttamento del lavoro e non alla sua valorizzazione.

Infatti, aprire alle pressioni compulsive di player come Uber, non vuol dire agevolare la concorrenza, ma agevolare una concorrenza sleale da parte di un colosso che, proprio grazie alla sua forza finanziaria, opera sistematicamente sotto-costo

(-41%, Leggi l’articolo: https://www.uritaxi.it/wpnew/vero-obiettivo-uber-creare-un-monopolio/),

facendo dunque dumping in prospettiva di controllare il mercato, disconosce la moderna e civile cultura della responsabilità d’impresa trasferendo finanche il rischio d’impresa su quei driver verso cui effettua una totale funzione organizzatrice del lavoro, ma verso cui non riconosce l’esistenza di alcun rapporto di lavoro. Driver, che dopo essere divenuti totalmente dipendenti dalla multinazionale, possono, da un momento all’altro ritrovarsi senza la propria fonte di sostentamento, solo perché espulsi dalla multinazionale, all’interno di una logica di nomination in perfetto stile “reality show”.
Non più un contratto di lavoro, ma, appunto, un “sei stato nominato!”.

Circa le proposte di ampliamento dei bacini territoriali, qui si dimostra un’assoluta non comprensione delle dinamiche del settore. I professionisti del tpl non di linea, infatti, sanno che per garantire un servizio efficiente per l’utente, ciò che ci vorrebbe sarebbe semmai l’esatto contrario dell’ampliamento dei bacini: una sorta di tassista di quartiere. La cosa, non è però realisticamente proponibile, per la difficile sostenibilità economica che una ipotesi di tale genere avrebbe. Ecco perché, il territorio comunale, resta ancora oggi il miglior compromesso.

Si aggiunga poi questo ulteriore aspetto: ampliare i bacini territoriali, con annesso l’obbligo di servizio, si inserisce in una bieca e anacronistica logica mercantilistica da prima industrializzazione, al di fuori, per esempio, delle riflessioni maturate nella Rerum Novarum, così come recepite progressivamente dal rooseveltismo al Codice di Camaldoli, per poi trovare luce nel costituzionalismo sociale europeo. Infatti, l’operatore/lavoratore che si trovasse in prossimità del fine turno lavorativo e che, gravato dall’obbligo di servizio, fosse costretto ad un servizio all’interno di un ipotetico “bacino territoriale sovracomunale” fiorentino corrispondente all’area metropolitana di Firenze (che si potrae fino agli Appennini pistoiesi), potrebbe far rientro a casa dalla propria famiglia, tra tempo per l’espletamento del servizio e tempo di rincasamento, anche dopo circa tre ore dalla fine del proprio turno di lavoro (!).

Dal punto di vista istituzionale, allontanare dal cittadino il decisore di un servizio di stretta natura locale, portandolo dal Comune alla Regione, che diverrebbe nei disegni degli innovatori il nuovo dominus di un settore che – è bene ribadirlo – per essere efficiente deve essere il più possibile “sotto casa” dell’utente, vuol dire adottare un percorso inverso rispetto al nefasto percorso introdotto col nuovo Titolo 5° della Costituzione (a firma Bassanini), proprio in un settore che, appunto per la sua natura iperlocale, da tale inversione non deve essere interessato.

Infine, sia l’eliminazione dell’obbligo del rientro in rimessa per il noleggio con conducente, sia l’introduzione di una terza figura di autista non professionale, sono di fatto un attentato alla sostenibilità del servizio pubblico taxi. Infatti, prevedere il mantenimento di un servizio pubblico gravato da tutta una serie di obblighi diseconomici, ed in parallelo l’esistenza di vettori che da questi obblighi – in particolare quelli tariffario e di obbligo di prestazione – siano liberi, vuol dire penalizzare il primo dal vantaggio competitivo di questi ultimi, minandone così inevitabilmente la sostenibilità economica.

 

Claudio Giudici

Presidente Uritaxi Toscana

 

Ultima modifica: 2 Marzo 2017