834-cmL’Autorità di regolazione dei trasporti interviene nel processo di privatizzazione delle Fs e rilancia l’ipotesi della separazione della rete come capace di «massimizzare lo sfruttamento» della rete stessa da parte del gestore.

Il presidente dell’Autorità,Andrea Camanzi, che ha presentato ieri al Senato la relazione annuale, ha offerto al governo alcuni paletti regolatori che possano aiutare il processo di privatizzazione: una «regolazione di periodo», ipotizzata di 5 anni, che dia certezze agli investitori nella fase di avvio del processo rispetto alle strategie industriali del gestore dell’infrastruttura (Rfi) e delle imprese di trasporto (Trenitalia); l’introduzione di modulazioni tariffarie per fasce orarie, segmenti, tipologia di servizio e classi di velocità che aiuterebbe strategie industriali e azioni di marketing delle imprese di trasporto; e, appunto, massimizzazione dello sfruttamento della rete da parte del gestore.

 Per Camanzi l’ipotesi dell’unbundling, richiamata con un riferimento al settore dell’energia, consentirebbe anche al governo di «trarne immediato beneficio nel quadro del processo di privatizzazione e della sua eventuale articolazione temporale».
Il tema più caldo della relazione di Camanzi resta quello delle piattaforme digitali per la mobilità urbana come UberPop o Blablacar. Camanzi ha ripetuto quanto detto nella segnalazione di venti giorni fa: serve una legge di riforma organica del trasporto non di linea (che riveda quindi anche le norme su taxi e Ncc) per regolare le piattaforme ed evitare che le scelte sullo sviluppo innovativo della mobilità urbana sia lasciato alle sentenze della magistratura.

Altro tema centrale è quello delle concessioni autostradali. «In tempi di crisi – spiega Camanzi – la strada maestra non può essere quella delle deroghe alle regole». Il riferimento è all’articolo 5 del decreto Sblocca Italia, che rendeva possibile la proroga delle concessioni autostradali. «Proroghe dei regimi di investimento a prescindere da incrementi di efficienza sottraggono risorse alla crescita della produttività dell’economia», dice Camanzi. Si tratta di un modello «da non replicare per il futuro». Nulla dice sulla correzione dei modelli attuali (su cui la competenza è del ministero delle Infrastrutture) ma colpisce il grafico che evidenzia come nel 2014 crescano gli utili delle concessionarie e ci sia contrazione di investimenti.

Non poteva mancare riferimento al decreto Recast. Il governo ha usato il recepimento delle direttive Ue sulle liberalizzazioni ferroviarie per mettere un tetto alle sanzioni dell’Autorità mentre è aperto un procedimento disciplinare che potrebbe sfociare in una maximulta verso Rfi e per riprendersi il potere di determinazione di un sovracanone di accesso alle infrastrutture. Camanzi bacchetta: «Non può essere sottovalutata l’importanza che il pedaggio per l’uso della infrastruttura sia determinato sulla base dei soli costi pertinenti ed efficienti a garanzia dell’assetto competitivo del mercato, della corretta valorizzazione degli asset e della remunerazione del capitale investito». La competenza è tecnica e non politica, va affidata all’Autorità. E sul tetto alle sanzioni: «Dal Parlamento e dal mercato si sono levate voci preoccupate e proposte di rimedi, che auspichiamo vengano ascoltate. Siamo convinti che la versione finale del testo correggerà questo punto».

L’ultima parte della relazione è la quintessenza della ricetta illumistica dell’Autorità per lo sviluppo di una mobilità efficiente in Italia: incentivare lo sfruttamento delle economie di scala, innovazione tecnologica, sviluppo di «mercati competitivi che premino più la propensione al rischio che la difesa delle rendite», promozione dell’efficienza dei soggetti che svolgono compiti di servizio universale, miglior uso delle capacità infrastrutturali. «Nessun modello di regolazione economica indipendente – dice Camanzi – può avvalorare remunerazione di investimenti sovradimensionati e socialmente non giustificati». E ancora stoccate a monopolisti nazionali e locali: «Un regolatore indipendente non può riconoscere azioni di riequilibrio economico di imprese che erogano servizi pubblici a prescindere da pertinenza ed efficienza della struttura dei loro costi».

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Ultima modifica: 15 Luglio 2015