La mossa dell’Antitrust è stata tecnicamente un «motu proprio», un atto non richiesto ma di propria iniziativa. L’Autorità garante della concorrenza ha inviato un documento al tribunale civile di Roma, che domani deve pronunciarsi di nuovo sullo stop a Uber. E si è schierata proprio con la app nata a San Francisco che mette in contatto passeggeri e autisti. Il fermo per Uber era stato deciso dallo stesso tribunale della Capitale un mese fa, su un ricorso dei tassisti. Poi è stato di fatto congelato. Domani dovrebbe arrivare una parola definitiva, anche se è difficile immaginare che non ci siano altri ricorsi.

Ma al di là del verdetto giudiziario, il documento dell’Antitrust diventa un caso. Una serie di sindacati dei tassisti, compresi quelli della Uil, della Cisl e della Confsal, parte all’attacco: «L’Autorità si è costituita al fianco della nota multinazionale americana. Non risulta che in passato sia accaduta cosa più vergognosa a discapito di un servizio pubblico e a vantaggio di una potente multinazionale estera». E ancora: «Troviamo scandaloso che un authority sostenuta con i soldi dei contribuenti spenda risorse pubbliche per difendere gli interessi di un gruppo privato». Per questo, oggi, i sindacati dei tassisti manifesteranno davanti alla sede dell’Antitrust. Ma perché l’Autorità si schiera dalla parte di Uber?

Il documento inviato al tribunale di Roma ricalca la segnalazione sullo stesso tema mandata due mesi fa al Parlamento. Anche quella una decisione autonoma, che peraltro somigliava molto a una proposta di legge. Chiedeva di «alleggerire la regolazione esistente», eliminando le «disposizioni che limitano su base territoriale l’attività» di trasporto pubblico. Aggiungendo anche che, per compensare i tassisti, potrebbe essere lo Stato ad acquistare le licenze di chi vuole lasciare l’attività. Di fatto, un manifesto in nome della concorrenza.

Ma al di là del tribunale di Roma e dell’Antitrust, sempre nelle Capitale ci sono altri due palazzi dove in queste ore si lavora alla questione. È in arrivo il decreto dei ministeri dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture che metterà un primo punto fermo nella guerra fra tassisti, Uber ed Ncc, i noleggi con conducente. Per gli Ncc arriverà l’obbligo, dopo aver portato il cliente a destinazione, di rientrare non nel garage di provenienza, come era un tempo, ma nel cosiddetto ambito territoriale ottimale, un’area che andrà definita da Regioni e Comuni. Una tampone in attesa che il governo riscriva le regole di tutto il settore, con un decreto previsto dal disegno di legge sulla concorrenza. Proprio ieri, dopo oltre due anni dal primo via libera in consiglio dei ministri, il ddl è stato approvato dal Senato dopo un voto di fiducia superato con 158 sì, 110 contrari e un astenuto. Ora il testo passa alla Camera per l’ultima lettura e potrebbe essere seguito a ruota da un nuovo intervento sulla concorrenza, da approvare con un decreto legge per portarlo al traguardo entro la fine della legislatura.

Nel ddl approvato ieri c’è un’altra questione che riguarda il conflitto tra vecchia e nuova economia. È la cosiddetta norma Booking , che permetterà agli alberghi di offrire prezzi più bassi rispetto a quelli indicati dalla piattaforma per le prenotazioni turistiche. Oggi la pratica è proibita nei contratti firmati tra Booking e le catene o i singoli hotel. La legge supererà il divieto. Anche su questo punto, un paio di anni fa, si era pronunciata l’Antitrust. Allora, però, aveva preso posizione contro Booking , definendo quella pratica «scorretta». Ma di fatto non era cambiato nulla. Federalberghi parla di «primo passo importante» ma aspetta l’approvazione finale. Una norma del genere c’è già in Germania, Francia, Austria e Turchia.

 

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Ultima modifica: 4 Maggio 2017