I tassisti a volte possono sembrare un po’ scontrosi e permalosi e qualcuno spesso li attacca addirittura accusandoli di essere quasi una casta, ma quello che sta accadendo alla loro categoria racconta oggettivamente tutt’altro. Al di là delle facili banalizzazioni la categoria dei tassisti è una categoria di lavoratori, tutti italiani è bene specificarlo, che da anni subisce duri attacchi da parte di caste vere, fautrici di feroci politiche liberiste che cercano di svendere il loro settore alle multinazionali, che a loro volta non aspettano altro che sostituirli con lavoratori stranieri sottopagati, il tutto con la complicità di alcune forze politiche. Qualche giorno fa il tribunale di Roma si è infatti rimangiato la parola e Uber torna (almeno per adesso) libera di operare in Italia. Dopo la sentenza che il 7 aprile scorso aveva puntualizzato l’illegalità del servizio Uber Black per concorrenza sleale nei confronti dei tassisti lo stesso tribunale, se pur in composizione diversa, riapre la partita e annulla quanto deciso in precedenza.

Eppure l’ordinanza di blocco che era stata imposta ad Uber sembrava essere perfettamente pertinente, perché poggiava le sue ragioni sulla legge 21/92 disciplinante gli autoservizi pubblici non di linea, che con le successive modifiche introdotte con la 29/1 quater per contrastare i fenomeni di abusivismo dilagante, diversifica chiaramente i limiti operativi dei detentori delle licenze Taxi e Ncc, imponendo a quest’ultimi “l’obbligo di disporre di una sede, di una rimessa o di un pontile, situati nel territorio del Comune che ha rilasciato l’autorizzazione, il divieto di sostare in posteggio di stazionamento su suolo pubblico nei comuni ove sia presente il servizio taxi, l’obbligo di inizio e termine di ogni singolo servizio con conducente presso la rimessa ove devono essere effettuate le relative prenotazioni, nonché l’obbligo di compilazione e tenuta da parte del conducente di un foglio di servizio”. Tutto questo, oltre a fornire gli strumenti per combattere gli abusivi che penalizzano non solo i taxi ma anche gli NCC che vogliono operare nel rispetto delle norme vigenti, fornisce ai Comuni una migliore regolamentazione in funzione della programmazione territoriale integrata del trasporto pubblico non di linea con gli altri modi di trasporto.

La nuova sentenza però non tiene in considerazione né di questi presupposti né della legislazione citata, che pur essendo stata riconosciuta in numerose sentenze tra TAR, Consigli di Stato e addirittura in Corte Europea nel 2014, viene oggi interpretata come sospesa dal tribunale di Roma per effetto del cosiddetto “emendamento Lanzillotta”, che prende il nome dalla Senatrice del PD che ha inserito queste norme nel decreto milleproroghe con un tempismo quantomeno curioso, di notte e proprio quando la prima sentenza di questo processo stava per essere emessa, prorogando ulteriormente l’emanazione del decreto attuativo della 29/1 quater atteso da ben 7 anni e fornendo così la possibilità di rendere vana qualsiasi sentenza che condanni Uber per concorrenza sleale, spianandogli così la strada per cannibalizzare il mercato in Italia attraverso l’applicazione Uber Black (Uber Pop è stata già definitivamente dichiarata illegale) che operando con gli Ncc ovviamente brama una deregolamentazione totale del settore che permetta di fargli fare lo stesso lavoro dei tassisti.

Significativo è poi il contesto nel quale è maturata questa ordinanza: da quando il tribunale di Roma lo scorso 7 aprile aveva ordinato la chiusura dell’applicazione Uber Black la multinazionale era tornata all’attacco con l’artiglieria pesante, prima presentando ricorso e ottenendo subito la sospensiva, successivamente mettendo in campo tutto il suo potere e la sua influenza al fine di convincere quanti più soggetti possibili a spalleggiarla in questa battaglia contro i tassisti. Al fianco degli americani in questa causa sono infatti arrivate subito alcune associazioni di consumatori e addirittura l’Antitrust, la quale ha dichiarato che le “riforme auspicate garantirebbero una piena equiparazione tra tassisti e Ncc e faciliterebbe lo sviluppo di forme di servizio più innovative e benefiche per i consumatori”, forse dimenticandosi di dire che si parla di servizi concepiti proprio per essere diversi tra loro, anche in virtù di una migliore pianificazione territoriale possibile, nonché del fatto che gli NCC non hanno bisogno di questa deregolamentazione per svolgere il loro tradizionale lavoro ma solo per lavorare con Uber, che peraltro non paga le tasse in Italia pur sottopagando gli autisti con una trattenuta del 25% sugli incassi. Sul piano mediatico poi non sono stati da meno, innumerevoli gli articoli di giornale pro-Uber, spesso pieni di inesattezze e di sfacciata propaganda come il servizio andato in onda su Le Iene, che addirittura titolava “Il futuro che i taxi ci vietano”, come se chiedere regole chiare e il rispetto della concorrenza leale sia una colpa.

Grande contestazione è arrivata anche alla senatrice Linda Lanzillotta e a tutto il Partito Democratico, accusati di non essere propriamente sopra le parti, la scorsa estate infatti alcuni sindacati di categoria dei tassisti avevano più volte pizzicato a Roma pezzi grossi di Uber in situazioni estremamente confidenziali con esponenti del Partito Democratico e di Scelta Civica come cene al ristorante dove si rideva e si scherzava, ma soprattutto incontri segreti nella sede del Pd con i capi mondiali di Uber, pezzi grossissimi giunti in Italia per esercitare la propria influenza come ad esempio David Plouff, spin doctor di Obama nella sua campagna elettorale e successivamente assunto da Uber, per non parlare del nuovo incarico della ex General Manager Uber Italia Benedetta Arese Lucini, uscita dalla multinazionale e entrata al Ministero dello Sviluppo economico come consulente proprio di “politiche rivolte allo sviluppo di un Paese più digitale”.

Se a tutto questo aggiungiamo il fatto che la senatrice Lanzillotta ha un trascorso da consulente di uno dei più grossi finanziatori di Uber ovvero il colosso della finanza J.P. Morgan, è attuale Vice Presidente della fondazione Italia-Usa e presidente del gruppo Glocus, legato alla società di lobby Zanetto e Cattaneo, che a sua volta lavora per la multinazionale Uber…. il tutto comincia ad addensare più di una nube su questa vicenda e rende quantomeno lecito porsi più di qualche domanda.

Saverio Di Giulio

Fonte:
http://www.ilprimatonazionale.it

Ultima modifica: 30 Maggio 2017