Firenze, 26 novembre 2019.
Moderato entusiasmo per la decisione presa da Londra di non rinnovare la licenza a Uber, a tutela della sicurezza degli utenti. Moderatamente entusiasti perchè consapevoli della ricorribilità di questa decisione.
Sono oramai anni, in realtà, che la deprofessionalizzazione dell’attività di trasporto persone, sotto l’egida della deregulation e del mito liberista, alla luce di quanto riportato dalle cronache, manifesta criticità sul fronte della sicurezza, come già avemmo modo di denunciare durante il convegno del maggio 2016 organizzato dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Ferrara, dall’emblematico titolo “Il caso Uber, i rischi e le opportunità della sharing economy”. Al centro del nostro intervento vi fu proprio il fattore sicurezza, un fattore troppe volte trascurato da chi fa opinione nonché da chi ricopre ruoli di produzione e applicazione delle leggi.
Questa decisione presa nella patria del liberismo, ci ricorda quanto sia da preferire il modello dell’economia regolamentata. Esso purtroppo è spesso degenerato in ridondante burocratizzazione dei processi, ma negli ultimi anni è diventato di moda scambiare una meritoria deburocratizzazione per deregolamentazione radicale, strumentalmente alla produzione di vantaggi competitivi per precisi interessi finanziari. Molti sono i quesiti che ancora oggi meritano una risposta. Ci chiediamo infatti come sia stato possibile lasciare operare impuniti questi interessi, mentre nei medesimi territori vi era chi come i tassisti esercitavano la medesima attività, ma gravati da diseconomici obblighi di servizio pubblico? Ci chiediamo come si sia potuti restare insensibili e incuranti del seppur minimale senso di giustizia, di fronte ai suicidi dei tanti tassisti ritrovatisi indebitati e distrutti nella propria redditività, dal vantaggio competitivo di cui hanno potuto approfittare molte multinazionali? Ci chiediamo come si sia potuto lasciar operare così a lungo questi operatori mentre persone trasportate venivano uccise, aggredite, pedinate, stalkerate, stuprate in base a ciò che in tutto il mondo raccontavano le cronache? Ci chiediamo come sia stata possibile la quotazione in borsa di aziende che non hanno mai conseguito un solo esercizio in utile nello svolgimento della loro attività?
Noi una risposta a tutto ciò l’abbiamo ma non capiamo come, invece, nonostante tutto questo, soprattutto chi si occupa di informazione e finanche fa trasmissioni televisive di denuncia, abbia continuato immoralmente a raccontare il modello delle multinazionali, come paradisiaco, nel tentativo strumentale e palese di destrutturare il modello regolamentato del trasporto pubblico persone frutto di decennali conquiste di civiltà.

Claudio Giudici – Presidente nazionale Uritaxi

Ultima modifica: 16 Giugno 2021