834-gd«Non può certo ritenersi (…) che l’iPhone sia l’autorimessa e Uber la segretaria che passa le chiamate
(…)».

Il giudice della prima sezione del Tribunale di Milano, Anna Cattaneo, ha scelto un esempio piuttosto
efficace per ribaltare la sentenza di un giudice di Pace (che scagionava un autista Uber) spiegando anche
perché la app che sfida l’universo dei taxi violi la legge non solo con il servizio UberPop – già bloccato dal
giudice su tutto il territorio nazionale a fine maggio – ma anche con UberBlack, la «faccia pulita» della app.
Se la versione Pop , infatti, consentiva a chiunque, di trasportare persone pur privo di qualsiasi licenza, la
versione Black ancora oggi propone ai suoi iscritti solo viaggi «sicuri» con autisti muniti di autorizzazione Ncc
(noleggio con conducente). Che offrono un servizio perfettamente legale alternativo ai taxi, almeno finché non
infrangono le regole su «stazionamento» e partenza e ritorno «in autorimessa».
Norme scelte dal legislatore
proprio per distinguerli dai taxi. Con la app infatti – ed è questa l’accusa dei tassisti – anche gli autisti Ncc
possono girare per la città procacciando clienti invece di ricevere la prenotazione in autorimessa.

Ed è questo, infatti, proprio il caso in questione. La vicenda risale al 2013. È il 4 giugno, 10.40 del mattino.
L’autista Ncc, L. C., a bordo di una Mercedes, è fermo in via Monte Grappa, poco lontano dai nuovi grattacieli
di Porta Nuova. Qualche minuto più tardi viene fermato sotto all’albergo di lusso Principe di Savoia in piazza
della Repubblica, mentre sta caricando un cliente diretto al consolato americano, anch’esso poco distante. I
vigili staccano una multa (per violazione dell’articolo 85 del codice stradale con fermo amministrativo del
veicolo) in quanto «acquisiva un servizio al di fuori della rimessa». In seguito, l’Ncc fa ricorso al Giudice di
pace che il successivo 7 novembre annulla il verbale di contestazione dei vigili. Interviene il Comune di
Milano contro l’annullamento. Lunedì, con sentenza 29325, il Tribunale, in appello, conferma integralmente
l’effetto del verbale dei vigili (incluso lo stop al veicolo) condannando L. C. alla rifusione delle spese.

Spiega il giudice: è indubbio che l’autista «non fosse in attesa presso la propria rimessa (…) bensì fosse
fermo in una via del centro (…) ove è esercitato solo il servizio taxi». Perché è lì, in garage, che l’Ncc
dovrebbe partire e tornare prima e dopo ogni corsa, altrimenti concorre con le auto bianche. Infatti: «il
sistema di Ncc (…) non può effettuarsi con le modalità dell’applicazione introdotta da Uber che lo assimila al
servizio di radio-taxi (…)».

In sostanza, quanto sostengono i tassisti: «UberPop era sì abusivismo puro ma è
UberBlack la vera concorrenza sleale».

 

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Ultima modifica: 9 Luglio 2015