Sindacati forti-lavoratori forti, sindacati deboli-lavoratori deboli
Soprattutto dopo gli anni ‘90, anni corrispondenti in Italia alla stagione della concertazione, il sindacato ha perso gran parte della sua credibilità. La reazione neo-liberista, consentita dal crollo del blocco sovietico prima, e dalla distruzione della classe dirigente della Prima Repubblica (quella del modello di economia mista pubblico-privato), ha trasformato il capitalismo regolamentato in capitalismo deregolamentato prima, e finanziarizzazione radicale poi.
All’interno di questa “valanga dell’ingiusto”, il sindacato, così come ogni organismo democratico, è stato schiacciato.
Una indagine del 2016 dell’Istituto Piepoli mette al primo posto, tra le istituzioni (latamente intese) che godono di minor fiducia dei cittadini, il sindacato assieme al Parlamento (meglio posizionati la Banca d’Italia e il Parlamento europeo…).
Eppure, proprio questi soggetti sono individuati dalla nostra Costituzione come corpi intermedi, espressione centrale della Repubblica. Il dettato costituzionale non cita le élite, non cita i media, non cita la finanza, le lobby (quelle vere, non tassisti o ambulanti!), ma cita Parlamento e sindacati (ed anche i partiti). A ben guardare, oggi, mentre questi ultimi sono sempre più interdetti, annichiliti, condizionati, frustrati, quelli sono consequenzialmente più incisivi e determinanti nei processi socio-politico-economici.
Ovviamente, nessuno disconosce che Parlamento/partiti e sindacati se le siano cercate, soprattutto in questi ultimi anni. Tuttavia, sarebbe ingenuo sostenere tesi fraudolente e sfasciste, tanto in voga, per cui questi sarebbero strumenti superati. Superati da cosa infatti?
Queste tesi in realtà fanno proprio il gioco delle élite a cui sono stati, partiti e sindacati – ed è questa la loro vera responsabilità storica! – troppo asserviti. Ma questo non è un problema che ha a che fare con l’essenza di questi organismi associativi, ma con la qualità delle persone che ne hanno rappresentato testa e corpo e che, semmai, una compagine associativa, deve mirare a sostituire piuttosto che dileguarsi.
Ad oggi, come ben sottolinea il giovane filosofo, amico dei lavoratori, Diego Fusaro, il sindacato è ancora l’unica forma di risposta organizzata che il mondo del lavoro può dare a chi esercita il potere, economico o politico che sia.
Infatti, tanto più una categoria professionale è sindacalizzata, tanto più essa è forte! Ciò apparirà oggi incredibile – se non una vera e propria bestemmia – eppure, se ai più non basterà il corretto pensare, alla medesima conclusione si può arrivare grazie all’evidenza dei numeri.
Il seguente grafico ci fa vedere come nella patria del liberismo, il Regno Unito, nell’ultimo secolo, all’aumentare del numero degli iscritti al sindacato, in modo perfettamente speculare, sia decresciuta la ricchezza dell’1% più ricco della popolazione, e viceversa: quando il sindacato ha perso iscritti, e dunque forza, quell’1% più ricco si è ancor più arricchito.
Lo stesso può vedersi per l’Italia in un focus sugli ultimi anni: più scende il numero degli iscritti al sindacato, e più l’élite si arricchisce.
Ecco perché è davvero stupido che un lavoratore non si preoccupi per sé stesso quando vede disamore per il sindacato e decadimento del numero degli iscritti allo stesso. Non si tratta, come direbbe il qualunquista di turno poco accorto, di minor potere per “questi papponi del sindacato”, ma di minor potere per chi lavora, di minor ricchezza per i lavoratori. Ed al danno si aggiunge la beffa, se questo processo è promosso dalle élite perché consapevoli che in modo diretto – come appena dimostrato -, alla debolezza di sindacato e lavoratori, conseguirà una loro maggiore ricchezza.
Questo grafico ci mostra in modo altrettanto chiaro, come all’indebolirsi dei sindacati in termini di iscritti, corrisponda il crollo reddituale della classe media ed in modo speculare la crescita dei redditi dell’1% più ricco della popolazione.
Capiamo perché Warren Buffett, sempre tra i primi uomini più ricchi del pianeta da molti anni, abbia affermato che la cosiddetta “lotta di classe” sia vera e che la stiano vincendo le élite?
E d’altra parte, il processo di de-sindacalizzazione è un fenomeno diffuso in generale in tutta Europa, con conseguente peggioramento delle condizioni lavorative, sia economiche che nei diritti.
In generale, in tutto l’Occidente, il processo di de-sindacalizzazione è cominciato verso la fine degli anni ’70, quando finì la stagione delle grandi conquiste sindacali e parallelamente si cominciarono ad avvertire le conseguenze della svolta paradigmatica de-industriale, derivante dall’abbattimento, nel 1971, degli accordi di Bretton Woods, e conseguente spostamento dei sistemi economici dalla dimensione produttiva a quella speculativo-finanziaria.
Ed è correlabile alla de-sindacalizzazione il crollo della capacità d’acquisto reale dei redditi che raggiunse il suo picco di crescita negli anni ’70, per poi cominciare progressivamente a declinare. Ed infatti, parallela è la dinamica del numero degli iscritti al sindacato:
Da tutto questo dovrebbe risultare chiaro che un lavoratore non iscritto ad un sindacato, se davvero tiene al proprio lavoro, la prima cosa che dovrebbe fare appena terminata questa lettura, è quella di iscriversi al sindacato. Per fare rappresentanza servono iscritti e fondi.
Senza iscritti la baldanza del potere (di un’impresa o di un governo corrotto) verso una categoria professionale si acutizza, perchè la percepisce debole e disorganizzata. Senza fondi, gli studi, le azioni legali, le indagini demoscopiche, le azioni di pressione, è impossibile farne.
Ai miei colleghi tassisti mi permetto di rivolgere l’invito a prendere una tessera sindacale.
Se prendete quella di Uritaxi, un sindacato autonomo fatto di tassisti, sarà più forte la nostra capacità rivendicativa, e ve ne saremo grati, impegnati a migliorare le nostre condizioni lavorative ed a non deludervi.
Tuttavia se il nostro modo di lavorare non piacesse, si prenda allora la tessera di un altro sindacato. E se proprio nessuno, tra le tante sigle oggi esistenti nella nostra categoria professionale, piacesse, costituite il vostro sindacato e siate voi elemento di traino e forza per difendere e migliorare le condizioni di chi come me e voi, ancora oggi, sostiene se stesso e la propria famiglia grazie alla passione per il proprio lavoro.
Veritas vos liberat.
Claudio Giudici
Presidente nazionale Uritaxi
Sindacati forti-lavoratori forti, sindacati deboli-lavoratori deboli
Ultima modifica: 16 Giugno 2021Fonti grafiche:
http://www.thestand.org/2013/09/why-unions-matter-they-maintain-middle-class-american-dream/
https://www.slideserve.com/faxon/fonte-borjas
http://checchi.economia.unimi.it/pdf/32.pdf