La capacità del marketing comunicativo di Uber, è tale da farla risultare ancora oggi, nell’immaginario comune, ammirevole addirittura sul fronte del tema fiscale. Ricordiamo tutti la sfacciata, per la sua falsità, “inchiesta” di Marco Maisano della trasmissione Le Iene, di qualche anno fa, che descriveva i tassisti italiani come degli irrecuperabili evasori, e vi contrapponeva invece l’ “Eden” che con Uber (e le altre multinazionali, aggiungiamo noi) avremmo avuto consentendo l’ingresso di questa multinazionale nel trasporto pubblico non di linea italiano. La realtà, come anche i non addetti ai lavori sanno quando si parla di multinazionali, è tutt’altra, ed anzi Uber è stata ribattezzata dalla stampa specializzata come “la regina degli evasori in Europa“.
In questa analisi del Centre for International Corporate Tax Accountability and Research, emerge in dettaglio l’incredibile gioco di “scatole cinesi” creato dalla multinazionale per eludere il fisco.
Dallo studio si comprende anche quanto basso sia l’utile reale che resta all’autista una volta che si è messo nelle mani di Uber, sia per la politica di bassi prezzi da esso praticata, sia per l’alta commissione pretesa, sia per la totale assenza di tutele riconosciuta a coloro che sempre più tribunali riconoscono come veri e propri dipendenti a tutti gli effetti. Non è un caso che dopo appena un anno, il tasso di abbandono da parte degli autisti di Uber, sia del 96%.
Ultima modifica: 9 Gennaio 2022