La proposta di d.d.l. per la riforma del trasporto pubblico non di linea è motivata sulla base di “enormi difficoltà che il settore ha avuto dopo la pandemia”.
I rappresentanti ed operatori del trasporto pubblico non di linea non hanno mai negato che dopo la pandemia, con precipuo riferimento all’anno 2023 (primo anno senza restrizioni Covid per l’Italia) vi siano state delle criticità. Queste, come spiegato dal settore, lungi dalla facile aneddotica utile ad acquisire audience mediatica, o da ricostruzioni interessate per motivi economici o politici, sono state chiaramente dovute da uno straordinario flusso turistico che ha visto assommarsi a quelle che sarebbero state le presenze ordinarie per il 2023, quelle posticipate dopo le disdette del 2020, 2021 e 2022, appunto riversatesi in gran mole nel primo anno utile senza allarme e relative restrizioni Covid.
Queste criticità, in modo scientifico sono state però misurate. E così, l’indagine Emg/Adnkronos ha comunque registrato nell’ottobre ’23 (prendendo dunque a riferimento l’esperienza di utilizzo registratasi nell’estate ’23) un gradimento per il servizio taxi in Italia del 71%.
Ben più puntuale l’indagine Uritaxi/Lab21 del febbraio ’24, prendendo a riferimento l’esperienza d’utilizzo nei sei mesi precedenti (prendendo quindi tutta l’alta stagione turistica ’23), che ha riportato i seguenti risultati: il 73,6% degli utenti che aveva usato un taxi all’estero nell’ultimo anno considerava il servizio taxi italiano migliore di quelli esteri (ed il 17,2% lo considerava uguale, con dunque solo il 9,2% degli intervistati che lo considerava peggiore); l’86,1% degli intervistati dichiarava di avere un taxi entro 6 minuti; il gradimento generale sul servizio taxi nelle principali 16 città italiane risultava dell’84,3%.
Dunque, le stesse criticità riconosciute dal settore, si trovano comunque dentro un quadro di buona soddisfazione generale dell’utenza.
E comunque già nel 2024 queste criticità erano ulteriormente scemate, fino ad arrivare a questo 2025 dove, nonostante un evento come il Giubileo, si è registrata una stagionalità estiva turistica men che ordinaria.
Una delle città “tornasole” e più contestate, almeno sui media, per il servizio taxi, è Roma. E qui è la stessa Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali di Roma Capitale (A.co.s.) a registrare un gradimento per il servizio taxi romano dell’89% nel 2024 e dell’81% nel 2025. Risultati che sono dunque in perfetta linea di tendenza con i dati registrati a livello nazionale.
Il d.d.l. Caroppo prevede che l’assegnazione delle autorizzazioni n.c.c. passi dai comuni alle regioni. Questa prospettiva risulta negativa per più ordini di motivi: 1) allontanamento del centro decisionale di un servizio di natura chiaramente locale, dalle esigenze di una comunità territoriale; 2) favorisce la sparizione del servizio dai territori comunali di minor attrattiva, e conseguente migrazione verso i territori di maggior attrattiva, a tutto danno delle esigenze dei cittadini dei primi; 3) irrazionalità e incongruenza di sistema rispetto ai poteri di controllo del territorio e limitazione degli accessi, che il legislatore dà ai sindaci: quest’ultimi avrebbero tali poteri ma non rispetto ad un numero indefinibile di vettori n.c.c. che potrebbero migrare stabilmente in quel territorio.
Secondo l’on. Caroppo questo passaggio dal Comune alla Regione, renderebbe più celere il rilascio delle autorizzazioni n.c.c. Ci chiediamo perchè, visto che queste dovrebbero comunque passare da un bando pubblico. Anzi, rileviamo che proprio i procedimenti regionali – si pensi a quello per l’iscrizione al ruolo dei conducenti che prevede una domanda alla Regione – sono, evidentemente per carenza di personale, tra i più lenti con sessioni d’esame che si registrano mediamente due volte l’anno (quelle più virtuose arrivano a tre), con dunque, una celerità imbarazzante rispetto a quella che riescono a tenere i comuni.
Ma allora perchè vi è la necessità di queste modifiche?
Rileviamo che, purtroppo, la riforma andrebbe semplicemente incontro ai desiderata di chi oggi viola le leggi di settore. Ci riferiamo a quegli n.c.c. migrati stabilmente, contra legem, dal proprio comune autorizzante verso i comuni più ricchi, e ci riferiamo a quelle multinazionali che hanno già dichiarato, finanche sugli organi di stampa, di usare i vettori n.c.c. secondo una logica di dispacciamento delle corse su base regionale.
E sempre verso assecondare questi desiderata, ad oggi contra legem, è l’eliminazione del vincolo della rimessa per il n.c.c. I firmatari della legge si sono chiesti se ciò non impatti con l’art. 3 Cost.? Tale eliminazione infatti, renderebbe il n.c.c. di fatto un n.c.c. di piazza, ossia un taxi. La differenza sarebbe che non verrebbe gravato dalle regole a tutela dell’utenza che gravano sui taxi, così avendo un trattamento di favore rispetto a questi ultimi ed ingenerando dunque un fenomeno di concorrenza sleale.
Il d.d.l. prevede poi l’eliminazione dell’obbligo di compilazione di un foglio digitale di servizio, considerato una “schedatura”. La motivazione ci pare pretestuosa. Se infatti la registrazione di una serie di dati anagrafici e di partenza e fine servizio su una piattaforma pubblica a solo scopo di controllo della regolarità dei servizi resi, è una “schedatura”, cos’è la registrazione tramite un’app privata di chiamata, dove si indicano dati anagrafici, finanziari, di destinazione, tracciatura e abitudini di chiamata e spostamento, come avviene con le app delle piattaforme di proprietà delle grandi multinazionali?
E’ stato detto che la riforma avvenga nell’interesse dei cittadini. Da quanto detto, ci pare che vada proprio nell’esatta direzione contraria e che sia piuttosto una sorta di sanatoria di comportamenti di vettori e multinazionali che operano, ad oggi, contra legem.
